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UN ORGANISTA DI NOME SCHUMANN


Robert Schumann, il suo “Pedalflügel”, le sue composizioni per organo



Nel 1845, Robert Schumann decise di mettersi in casa un “Pedalflügel”.

Il “Pedalflügel” era un particolare tipo di pianoforte che presentava anche una pedaliera. Oggi si chiamerebbe “pedalpiano” o “doppio”, ed è costruito ai giorni d’oggi da diverse ditte tra cui l’italiana Borgato.

L’invenzione di questo strumento sembra risalire alla metà del ‘700: nel museo degli strumenti di Lipsia esiste un “clavicordo”, ossia un clavicembalo a pedale, costruito da Johann Gerstenberg nel 1760 per il conservatorio di questa città, al fine di far esercitare i futuri organisti.

Lo strumento sembra storicamente legato perciò alla didattica organistica.

Le ragioni per cui Schumann si munì di questo strumento sono legate alla sua “passione” sia per la musica di J.S.Bach che per l’organo a canne.

Le composizioni che scrisse per questo strumento, infatti, risentono fortemente della tecnica organistica sia nella forma che nel titolo, e sono:

    • Sei studi per pedale op.56;
    • Bozzetti per il pedale op.58;
    • Sei fughe in nome BACH op.60

(trovi gli spartiti di Schumann tra i compositori già presenti nel progetto “spartiti” di grandorgano.it all’indirizzo: https://www.grandorgano.it/Compositori.php )

MENDELSSOHN & BACH

La passione per Bach gli è stata sicuramente trasmessa da F. Mendelssohn, suo grande amico.

Questa passione è particolarmente sottolineata da quanto scrisse poco dopo un concerto di Mendelssohn in cui vennero eseguite musiche di Bach: “Con lettere dorate vorrei poter imprimere in queste pagine la scorsa serata! Ancora una volta ho pensato a come con Bach non si giunga mai alla fine; più lo si ascolta maggiormente diventa profondo…”

Occorre ricordare che, prevalentemente grazie a Mendelssohn, l’inizio dell‘800 sarà caratterizzato da quel fenomeno che passa alla storia col nome di “Bach-Reinassance”: le musiche di Bach non venivano più eseguite già dalla sua morte, avvenuta a Lipsia nel 1750, e la sua figura era sull’orlo dell’oblio. Mendelssohn fu determinante nella “rinascita” di Bach, e dobbiamo anche a lui se oggi il compositore di Eisenach è annoverato tra i massimi personaggi dell’epoca barocca.

La ragione di questa dimenticanza, che non caratterizzò solo Bach ma anche altri autori (si parla anche di “Telemann reinassance”, ad esempio), dipendeva dalle esigenze di un pubblico che viveva un periodo molto fertile in quanto a novità compositive, orientato perciò a inseguire sempre nuove  esecuzioni, nuovi musicisti, dimenticando, in epoca in cui la tecnica della registrazione era  ben lontana dal venire, il patrimonio compositivo dei periodi precedenti.

Mendelssohn, ma anche Schumann stesso, si concentrarono in particolar modo sulla rinascita di Bach.

 

INCIDENZA SULLO STILE DI SCHUMANN

Parlare dello stile compositivo di Schumann richiederebbe un intero trattato.

Diciamo che la principale caratteristica ben presente nelle sue composizioni dipende dal fatto che egli non studiò mai in un conservatorio, ma seguì le lezioni private di Friedrich Wieck, che peraltro era il padre della sua futura moglie, Clara.

La diatriba che nacque tra maestro ed alunno dovuta al fatto che Wieck contrastò fin dall’inizio il rapporto con la figlia e cercò di opporsi al loro matrimonio, portò Robert ad abbandonare anche quelle lezioni.

Schumann può dunque essere definito una autodidatta.

Questo incise profondamente nella sua arte, che risente (forse per nostra fortuna) del fatto di non avere quella cultura accademica di base nella composizione che a quell’epoca ancora si basava sull’osservanza delle regole dettate dalla tecnica del “contrappunto”, da lui inizialmente alquanto disdegnato e comunque, mai studiato, le sue composizioni sono quindi frutto esclusivo del suo naturale talento.

Forse si deve a questo la vistosa diversità tra le sue composizioni e quelle di altri compositori del suo tempo: Robert era uno spirito libero, e le sue forme compositive sono altrettante forme libere, che seguono il suo istinto e il suo animo, poco legate a forme precostituite.

D'altro canto non era possibile dargli torto. Vediamone il motivo.

 

BREVE DIVAGAZIONE SUL CONTRAPPUNTO

Schumann digeriva male il contrappunto perché, considerando il suo approccio non scolastico alla musica, alla fin fine non ne vedeva la necessità.

Per capirne il perché occorre fare una breve divagazione storica su questo argomento.

Nel tardo Medioevo e all’inizio del Rinascimento si svilupparono due “invenzioni”, nell’ambito della musica, destinate a rivoluzionare il modo di intendere e usufruire di quest’arte: l’avvento della polifonia e la nascita della musica strumentale, intesa come musica suonata con strumenti senza la presenza del canto.

Precedentemente, e per tutta la storia dell’uomo partendo addirittura da quando questa disciplina assunse un’importanza sociale già in epoca preistorica, la musica era espressa esclusivamente come canto, e prevalentemente di tipo monodico.
Le forme esclusivamente strumentali di fatto non esistevano, fatta eccezione sul solo uso di strumenti a percussione (tam tam, tamburi etc.) che avevano una loro funzione precisa e dove ci riserviamo eventualmente di parlare in altra sede. L’uso degli strumenti quindi era limitato all’accompagnamento del canto o della danza.

In epoche ed in zone del mondo in cui il rapporto con il divino aveva un peso sociale molto forte, il canto monodico è sempre stato considerato come il canto più gradito dalle divinità, prevalentemente perché la sua funzione sociale era quella di sincronizzare il gruppo, renderlo coeso ed aumentarne la sintalità (senso di appartenenza al gruppo), divenendo così un potente mezzo di aggregazione sociale.

La Chiesa Cattolica non sarà da meno: ancora oggi il canto gregoriano monodico è considerato il canto ufficiale di questa istituzione, ed in epoca in cui si cominciarono a produrre le prime forme di canto polifonico, la Chiesa ne contrastò a lungo lo sviluppo.

Alla fine del medioevo, non fu più possibile evitare l’evoluzione della monodia in canto polifonico, stabilendone almeno le regole, tra le quali la più importante diverrà quella del “contrappunto”.

Il “contrappunto” viene inventato in quell’epoca prevalentemente per la musica sacra cantata, quando la Chiesa comincia ad accettare dopo secoli di anatemi, il canto polifonico. Lentamente la monodia sarà sempre meno utilizzata e diventerà sempre meno attuale.

La polifonia, come detto, non fu l’unica rivoluzione di quell’epoca, che vide anche la nascita e l’evoluzione della musica strumentale: questa forma cominciò a vivere di vita propria in proposte che si svilupperanno, dalle primitive forme, negli attuali “concerti”, “sinfonie”, “sonate” etc.  Precedentemente forme del genere non esistevano.

Questa forma viene fatta risalire alla nascita dell’Ars Nova del XIII secolo, ma comincia ad avere la sua conformazione attuale probabilmente a partire dai “concerti grossi” del primo barocco, nella dialettica tra strumenti solisti ed il grosso orchestrale nelle primitive forme di “concerto”.

Nella teorizzazione e nella didattica della musica, il contrappunto diviene una delle “regole” dalle quali non si può prescindere nemmeno nella composizione strumentale, forme come il canone e la fuga ne sono la principale conseguenza.

Nonostante queste rivoluzioni, il contrappunto resta comunque una teoria che nasce per il canto, non per la musica strumentale.

Esso è dunque una “invenzione” che entra nella storia della musica solo dopo l’anno 1000, e dopo millenni dall’uso “naturale” monodico della musica cantata.

Dunque il “contrappunto” viene accademicamente inserito ed adeguato alla composizione strumentale che, ribadiamo, NON è la forma naturale di musica per l’uomo.

Questa tecnica riguarda il modo con cui la polifonia andava scritta e di conseguenza eseguita: nota sopra nota, a quell’epoca “punctus contra punctum”, le prime forme di polifonia infatti prevedevano di associare al rigo del “canto fermo”, ossia il tema di base del brano (spesso l’antico tema monodico gregoriano),  un rigo per una voce “sopra”, ossia più alta  ed un rigo per la voce “sotto”, ossia più bassa .

Il cantore che “teneva il canto fermo” sarà, nei primi tempi, il “tenore”, la voce “sopra” diverrà il “soprano”, la voce sotto diverrà il “basso”.  Successivamente le voci diventeranno indipendenti e ai vari ruoli verranno attribuite diverse altezze entro cui cantare.

Seguiranno ulteriori complicazioni compositive e virtuosismi polifonici (massimo esempio:

brano polifonico dell’inglese Thomas Tallis del 1570 in 40 voci, che richiede 8 cori da 5 voci ciascuno)

Ma sarà nel periodo del Barocco che verranno pubblicati i più importanti trattati sul contrappunto, a cominciare dai Documenti Armonici di Angelo Bernardi (1687) al trattato di contrappunto per antonomasia: il Gradus a Parnassum di  Johann Joseph Fux (1725)

(Fig. 1 : Angelo Bernardi. Documenti Armonici, volume primo)


(Figura 2: Angelo Bernardi: Documenti Armonici (1687) - Libro I - Documento XIII -esempio di tre righe di canto)


(figura 3: copertina del Gradus as Parnassum, di Johann Joseph Fux (1660-1741))

Dunque, fuori dall’accademismo scolastico, è comprensibile che non si possa vederne la necessità soprattutto nelle composizioni strumentali.

Fu così per Schumann.

Che la musica strumentale non sia la forma naturale di quest’arte è percepibile poi nella scelta dei giovani: le loro preferenze musicali nell’ambito della musica leggera sono cantanti, come Vasco Rossi. Anche i gruppi rock hanno un “canto fermo” nel loro cantante solista, e difficilmente si esprimono in brani strumentali se non per dimostrare virtuosismo, non certo per aggiungere contenuti.

La musica strumentale è difficile da digerire perché non ha un testo, e la diatriba secolare sulla sua semanticità è sempre stata una battaglia persa.

Occorre dire poi che noi italiani, conosciamo ed apprezziamo solo una parte poco consistente del patrimonio musicale d’oltralpe, soprattutto tedesco: amiamo le loro sinfonie, apprezziamo i quartetti, le composizioni per pianoforte, ma ci dimentichiamo che la maggiore produzione musicale di quella parte dell'Europa dell’800 riguarda il lied e la lideristica, ossia una forma musicale cantata.

Il lied non ha attecchito nella cultura musicale italiana forse più per il fatto che è quasi nella sua totalità in ingua tedesca, o forse perché appagati dalla nostra diversa cultura basata sul melodramma piuttosto che sulla musica strumentale, in quella cesura che lo storico Guido Pannain chiamerà “scisma d’occidente”.

Schubert scrive ben 600 lied, Brahms 144 canzoni popolari ed un lunga serie di lied, e poi la ricca raccolta di lied di compositori come, K. Loewe, R. Franz, P. Cornelius, H. Pfitzner, H. Wolf, R. Strauss, G. Mahler.

Se poi parliamo di Bach: le sue composizioni per voce: cantate sacre, profane, oratori, passioni, superano di gran lunga il volume delle composizioni strumentali.

Schumann non sarà da meno (Mädchenlieder op. 103, Sette Lieder op. 104).

Nelle sue composizioni strumentali, terrà sempre presente la necessità di una presenza lirica ed una forma derivante dal canto: spesso le sue composizioni sono presenti dialettiche e fraseggi discorsivi che hanno alti contenuti poetici.

Ciò non toglie che nell’Arte della fuga e nel Clavicembalo ben temperato di Bach, Schumann vede quanto di più elevato si possa aver creato in ambito musicale contrappuntistico. Non vede in quel contrappunto un accademismo sterile ma un mezzo grazie al quale si può pretendere di andare ben oltre le asettiche regole della composizione strumentale.

E questo si evince anche nelle sue (poche) composizioni per organo.

Resta per noi la sola considerazione del perché così poche: ha successivamente abbandonato il Pedalflügel? Gli sono servite solo per esercitare un “suo” contrappunto? Ne è uscito deluso? Ritorna al suo individualismo di sempre?

Queste composizioni sono state scritte tra il giugno ed il novembre del 1845, nel bel mezzo di in un periodo in cui, dal 1841 al 1853, produsse composizioni per grande orchestra: 4 sinfonie, il concerto per pianoforte, per violoncello, per violino, per 4 corni. Composizioni di fronte alle quali le sue fughe sono, purtroppo, solo una breve ma piacevole parentesi.

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(trovi gli spartiti di Schumann tra i compositori già presenti nel progetto “spartiti” di grandorgano.it all’indirizzo: https://www.grandorgano.it/Compositori.php )


breve riferimento bibliografico:

Adorno Teador W. - Introduzione alla sociologia della musica - Einaudi - 2002

Blacking John - Come è musicale l’uomo? - Lim – Le sfere – 2000

Johann Joseph Fux - Gradus ad Parnassum

Mithen Steven - Il canto degli antenati - Codice edizioni

De Martini Pietro - Schumann - Il Saggiatore

Pannain Guido - Storia della Musica - UTET

Schneider Marius - Il significato della musica - SE – 2007

Tuena filippo - Memoriali sul caso Schuman - Il Saggiatore

Concilio Vaticano II - Musicam Sacram - 5 marzo 1967

 



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